Unica Umbria

Storia & Storie

Il diavolo veste Umbria

Luoghi
Autore: Querci, Daniela

L’Umbria è notoriamente terra di santi e di beati. Ma pure il diavolo ci ha messo lo zampino. E forse anche qualcosa in più. Così, nelle vicinanze di Orvieto, si trova Culata del Diavolo. La località segnerebbe il punto di atterraggio della rovinosa caduta di Lucifero dal Paradiso, il quale – stando al toponimo – sarebbe contravvenuto alla proverbiale furbizia diabolica non riuscendo nell’impresa di cadere in piedi.

E poco lontano, nel comune di Parrano, ci sono addirittura le Tane del Diavolo, un complesso di grotte con ingressi nascosti fra dirupi rocciosi di difficile accesso, il cui nome rimanda più prosaicamente alle asperità del luogo, dominato da canyon e pareti scoscese incise e modellate dal fosso del Bagno. Il corso d’acqua ha scavato nel corso di millenni il massiccio calcareo, articolandolo in suggestivi meandri, marmitte (diabolicamente prive dei famosi coperchi), cascate, ed una serie di grotte – tutte di accesso estremamente impervio – che si aprono a varie altezze su entrambe le sponde del fosso. Le più conosciute, la Tana Principale Inferiore, la Tana Principale Superiore e la Tana del Faggio, hanno il loro ingresso sulla parete destra, in prossimità di un imponente arco naturale prevedibilmente denominato Ponte del Diavolo.

 

Uno scorcio delle Tane del Diavolo (Parrano, Terni)

 

Presentano uno sviluppo sotterraneo lungo e suggestivo, a tratti marcatamente labirintico, e sono collegate fra loro mediante cunicoli e ampie volte ricche di stalattiti e stalagmiti. Indicate per la prima volta nel 1900 dal geologo B. Lotti, vennero ispezionate e studiate negli anni ’30 da Umberto Calzoni, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Perugia. Le ipotesi archeologiche avanzate sulle Tane del Diavolo propendono nell’individuarvi un luogo di culto.

La Venere Verde di Parrano

La qualità pregiata dei cibi carbonizzati rinvenuti all’interno delle grotte indicherebbe infatti precisi riti, effettuati nel corso di cerimonie propiziatorie pagane degne di offerte preziose.

Queste ipotesi sembrano essere confermate dal ritrovamento, eccezionale nel suo genere, della Venere Verde di Parrano. Una statuetta risalente al Paleolitico Superiore, che rappresenta una delle più antiche testimonianze scultoree rinvenute nell’Orvietano ed in tutta l’Italia centrale.
Nel taglio degli occhi, nel naso e nella bocca sono riconoscibili i delicati tratti del viso di una donna con il capo coperto, che sembra custodire gelosamente in grembo un feto. Particolare degno di nota… satanica, è che la Venere è stata intagliata su di una pietra verdastra chiamata ofiolite, termine di origine greca che letteralmente si traduce in “pietra di serpente”.

Ma i riferimenti umbri al demonio non sono localizzati solo nella zona di Orvieto. Il grande massiccio dei Monti Sibillini, lungo la dorsale appenninica, dichiara esplicitamente una notevole inclinazione diabolica e negromantica in numerosi toponimi: Grotta del Diavolo, Passo del Diavolo, Pizzo del Diavolo, Fossa dell’Inferno, Gola dell’infernaccio, e così via. La lunghissima tradizione culturale associata a questi luoghi li etichetta come sedi preferenziali di demoni e streghe, fra le quali la più famosa è di certo la Sibilla, raccontata fin dal 1420 in una leggenda raccolta da Antoine De la Salle, e ripresa nel 1931 dal poeta del Guerrin Meschino, che colloca la residenza della misteriosa profetessa e Dea dell’amore profano in una imprecisata grotta nel cuore dell’omonimo monte.

Sul Vettore poi, la cima più alta del massiccio, c’è il lago di Pilato, che è stato addirittura identificato con il lago Averno, la porta per il mondo degli inferi. A partire dal XIII secolo, il lago e tutta la zona montuosa prospiciente divennero meta di pellegrinaggi a scopi satanici, tanto frequenti da costringere le autorità religiose a proibirne l’accesso, facendo erigere, all’ingresso della valle, una forca a monito di chi intendesse violare l’ordine. Il piccolo bacino deve il suo nome alla leggenda di Ponzio Pilato, condannato a morte da Tiberio con l’ulteriore umiliazione di non essere degno di sepoltura.

L’imperatore acconsentì comunque all’ultimo desiderio del prefetto, affidando il suo corpo ad un carro trainato da bufali, lasciati liberi di andare dove volessero.
I soldati che – su ordine del sospettoso Tiberio – seguirono il carro, raccontarono che si diresse senza esitazioni verso il Monte Vettore, precipitando dall’affilata cresta della Cima del Redentore nelle acque del lago, che si tinsero di rosso. In realtà, la sfumatura rossa che a volte assumono è dovuta al particolare endemismo che ospita il lago. Si tratta di un piccolo crostaceo di colore rosso corallo, il Chirocefalo del Marchesoni, che nuota con il ventre rivolto verso l’alto per catturare la luce del sole. Rinvenuto per la prima volta nel 1954 da Vittorio Marchesoni, fu battezzato in suo onore nel 1957, quando venne classificato come nuova specie.

Il lago di Pilato

Scendendo a valle, impossibile non citare Casa del Diavolo, frazione al limite settentrionale del comune di Perugia. Qui le variazioni sul tema satanico spaziano notevolmente, tirando in ballo Annibale, che sarebbe passato di là con la sua armata lasciandosi dietro soltanto morte, desolazione e torrenti di sangue, o facendo riferimento a scavi che avrebbero disseppellito urne di persone scomparse senza avere ricevuto il sacramento del battesimo.

La derivazione del nome è più probabilmente connessa all’esistenza di una stazione di posta lungo la via Tiberina, frequentata da briganti e malviventi, e classificata come luogo di perdizione.

Ma – a prescindere dalla toponomastica umbra – si dice che il Diavolo alberghi un poco dentro ognuno di noi. E, se la tradizione popolare afferma che nei mancini questo “poco” pesa un tantino di più, essendo la sinistra ritenuta la “mano del Diavolo”, basta sfogliare le biografie dei personaggi più illustri della storia per stupirsi di quanto sia statisticamente ricorrente fra loro l’uso della mano sinistra.

Da Giulio Cesare ad Alessandro Magno, da Leonardo da Vinci a Carlo Magno, Napoleone e Winston Churchill, la schiera dei mancini annovera anche 5 fra gli ultimi 8 presidenti degli Stati Uniti. Anche la scienza ha ormai sfatato il mito del “lato oscuro” della mano sinistra, rivalutando ampiamente l’utilizzo delle facoltà intellettive dei mancini, i quali – in forza della simmetria capovolta con la quale utilizzano i 2 emisferi cerebrali – sembrerebbero inclini a sfruttare regioni del cervello più vaste rispetto ai destrimani. Forse è proprio vero che il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge.

Daniela Querci