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Cult e Colt, le ali che fanno volare Montefalco

Diario di viaggio, In tavola, Luoghi
Autore: Giannella, Salvatore

Il giorno in cui arrivai a Montefalco, a due passi da Perugia, era sbarcata (dopo un’ondata di anglosassoni) una coppia giapponese a dire “sì” nella sala affrescata del Municipio, dall’acustica degna di un teatro quale essa fu. Un segno in positivo della globalizzazione, che confermava la bontà di un sondaggio fatto dalla società milanese JapanItaly nella lontana Tokyo: al primo posto nei sogni dei giovani del Sol Levante c’era e resta un matrimonio in un borgo antico dell’Italia, possibilmente in un castello, seguito da una festa a base di buon vino.

San Francesco che predica agli uccelli, Benozzo Gozzoli

E qui, tra le mura medievali di Montefalco, nel cuore dell’Umbria segnata dai ricordi di Francesco d’Assisi c’è proprio la cornice ideale, con la chiesa-museo di San Francesco splendidamente affrescata nel 1452 dal fiorentino Benozzo Gozzoli e il banchetto innaffiato da quel ritrovato vino rosso rubino, morbido e profumato con aromi di frutta e spezie che è il Sagrantino.

Cornice ideale per i giovani giapponesi, oggi come ieri («Nel 1575 arrivarono qui quattro prìncipi di Tokyo, guidati da un gesuita», informa lo storico Silvestro Nessi).

Fu Giulia Maria Crespi, fondatrice e battagliera presidente del FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel 2007 in un convegno a indicare Montefalco come modello per i borghi italiani: «Quell’esemplare città umbra ci dimostra come si può resistere all’assalto della speculazione del territorio puntando sull’arte, sull’artigianato e sui prodotti tipici. Così è arrivato nuovo turismo, è cresciuta l’occupazione e si è mantenuto intatto il territorio».

Un’ideale medaglia che va ad appuntarsi sul gonfalone del municipio umbro accanto a tante altre: da quella di Legambiente, che ha indicato Montefalco come territorio di qualità, alla Bandiera Arancione del Touring, alla certificazione di eccellenza ambientale fino a una ricerca della Fondazione Agnelli che ha sintetizzato in una formula di due parole (Cult e Colt, abbreviativo per indicare il patrimonio culturale e le coltivazioni tipiche, ovvero olivo e vino Sagrantino) le due ali che fanno volare Montefalco nel cielo del “post turismo”, modo armonioso per godere delle eccellenze locali: in dieci anni sono nati quattrocento posti letto in piccole strutture.

Vigne a Montefalco, foto Strada del Sagrantino

La protezione costante del paesaggio ha favorito la piantagione di nuovi vitigni tipici del luogo, in primis del Sagrantino, che era usato per festeggiare gli eventi più importanti nel ciclo di vita delle famiglie. Sono state recuperate le case rurali e si è invertita la tendenza nazionale dell’inurbamento: un numero crescente di montefalchesi (5.747 residenti) oggi vive di campagna e in campagna.

Il Rinascimento del Sagrantino ha qualcosa di straordinario: dai 100 ettari coltivati nel 2000, si è giunti ai 700 attuali. Sono 170 i produttori di uve e quasi 80 gli imbottigliatori di questo vino molto in auge, specie tra i divi americani. La svolta iniziò nel 1973 quando Arnaldo Caprai (la cui azienda, oggi gestita dal figlio, Marco, conta 130 ettari di vigna) ebbe l’intuizione di puntare forte sulla vinificazione del Sagrantino secco anziché passito. Erano anni pionieri, gli agricoltori ancora snobbavano chi parlava di usare i potenti polifenoli o gli acerbi tannini di questa uva scura per farne un parente degno dei grandi Barolo e Brunello.

Eppure Caprai e gli altri imprenditori locali (tra i 30 e i 40 anni, la nuova generazione delle famiglie storiche: gli Antonelli, i Pambuffetti, i Fabrizi) hanno tirato dritto per la loro strada e oggi si godono bilanci floridi e premi enologici. E nelle terre del Sagrantino sono arrivati altri grandi del vino: hanno investito in vigne i trentini Lunelli di Cantine Ferrari, i friulani Livon, i chiantigiani Cecchi e gli umbri Lungarotti.

L’offerta di Montefalco e di altri 7 comuni del territorio (Giano, Gualdo, Bevagna, Trevi, Campello, Massa Martana e Castel Ritaldi) ha i suoi punti forti nell’olio, nella gastronomia, nella lavorazione dei tessuti in fibre naturali, in vendita nei negozi del centro e nella promozione del patrimonio culturale. In questo capitolo rientrano il restauro del centro storico dopo il sisma del 1997, un evento culturale al mese e il rilancio degli affreschi di Benozzo Gozzoli e del Perugino nella chiesa-museo di San Francesco (il terzo museo umbro, dopo Spoleto e la Galleria nazionale dell’Umbria, con la sua media annua di quasi 30 mila visitatori paganti).

Sul borgo calano le ombre della sera: nella piazza una donna prende appunti. Ricopia la scritta di una targa: «La bellezza visibile è tramite per giungere a quella invisibile, sua sorella maggiore; a essa compete una visione quasi religiosa e, in conseguenza, i luoghi segnati dalla sua impronta hanno un carattere sacro».

Si presenta: è Sue Aspinall, manager in pensione dell’Università di Melbourne: «Da sette anni, appena posso, scappo qui dall’Australia. Le madonne e gli angeli, coi volti della gente che incontro nelle strade del paese, mi caricano di bellezza per tutto l’anno successivo».

Salvatore Giannella

Web:

www.giannellachannel.info

www.stradadelsagrantino.it