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Storia & Storie

Quel pomeriggio di sangue nell’Hotel di Francia

Diario di viaggio
Autore: Lopez, Salvatore

Il 20 giugno dell’anno del Signore 1859 fu un giorno infausto, di morte e violenze, che è impresso in modo indelebile nella memoria collettiva di Perugia. La città combatteva l’autorità temporale del papa. Il racconto di quelle ore drammatiche si può rivivere ancora oggi, a passeggio tra i luoghi del quartiere di Borgo Bello, tra i Giardini del Frontone e la scalette di Sant’Ercolano.

Le scalette di Sant’Ercolano dove c’era l’Hotel di Francia

Dalle prime ore del giorno gli insorti aspettano le truppe inviate da Roma, annunciate all’improvviso dai colpi di fucile che tuonano dalle parti delle mura dell’Abbazia di San Pietro: sono i soldati svizzeri, al comando del colonnello Schimdt, che attaccano i muraglioni di Perugia.

L’ordine arriva direttamente dal papa: la città ribelle deve essere punita. Un migliaio di cittadini tenta la difesa dalle mura del Frontone. Poi, sotto l’incalzare del nemico, i perugini si difendono a Porta San Pietro. Sembrano resistere. Ma un manovale, Patumella, apre le porte del convento di San Domenico: per gli insorti è l’inizio della fine. I soldati oltrepassano le mura, entrano all’interno della città dagli orti di San Pietro e portano scompiglio, incendi e morte nelle case e nelle strade.

In quei momenti, a poche centinaia di metri, nell’Hotel di Francia, situato nel grande palazzo prospiciente la Chiesa di Sant’Ercolano, lo statunitense Edward Perkins e miss Cleveland, giornalista statunitense, si trovano nella loro stanza, all’ultimo piano dell’albergo. Sono in Italia per un viaggio di piacere insieme a due loro parenti e a una giovane nipote.

Sentono gli spari, il trambusto, le urla che arrivano da sotto. Allarmati, dall’alto delle scale, chiedono a gran voce di cosa si tratti. Il vice-stalliere Bindocci si precipita nella loro camera e li invita a seguirlo in soffitta. Li fa entrare in un piccolo locale, un nascondiglio accessibile solo tramite una scaletta e ve li rinchiude.

Gli Svizzeri al crocevia, Napoleone Verga, Museo dell’Accademia di Perugia

Poco dopo la soldataglia svizzera giunge sotto l’Hotel di Francia. Dal tetto dell’edificio volano coppi sulle truppe pontificie. I soldati irrompono all’interno. Storti, il proprietario dell’albergo, viene ucciso mentre tenta di spiegare che nel palazzo non ci sono dei rivoltosi ma solo ospiti stranieri.

Gli svizzeri interrogano il giovane stalliere. Bindocci dice che non sa dove siano quegli americani che poco prima ha aiutato a nascondersi.

Il ragazzo viene trascinato fino all’ultimo piano. Ma non parla. Gli svizzeri prima lo picchiano e poi gli sparano. La stessa sorte tocca al cameriere Genovesi. I due inservienti vengono scaraventati in strada da una finestra.

In strada, infuria la battaglia. Dai tetti si continua a sparare. Poco dopo, altri soldati tornano all’interno dell’edificio. Sfondano le porte, perquisiscono le camere, urlando e sparando.

Ai piani alti, trovano Edward Newton Perkins e i suoi terrorizzati familiari. I cinque vengono fatti inginocchiare, con i fucili puntati addosso. Perkins si affanna a spiegare la situazione. Sono attimi convulsi. Tutto sembra precipitare. Ma un soldato, Conrad Wellauer, urla ai suoi che è da vigliacchi uccidere delle donne.

Perkins approfitta dell’attimo di incertezza dei soldati. Promette del denaro in cambio della vita: tremila scudi come prezzo della salvezza. Dopo una tesa trattativa, gli stranieri vengono risparmiati.

Il calare delle tenebre, vede i soldati svizzeri ebbri di vino, sdraiati sulle scalette di Sant’Ercolano.

Perkins e i suoi lasciano la città insanguinata e si incamminano verso il Trasimeno. Passano per i campi, evitando le strade. All’alba giungono al lago dove un barcaiolo li trasporta sulla sponda di Tuoro, al limite del confine del Granducato di Toscana.

Sono salvi. Vengono rifocillati e i gendarmi toscani, in carrozza, li fanno accompagnare a Firenze. Nella capitale granducale, Perkins contatta subito l’ambasciata americana. E Miss Cleveland racconta l’eccidio di Perugia al “Times” di Londra. Il giornale, letto in tutto il vasto impero britannico, porta nel mondo la notizia delle violenze, degli stupri e degli omicidi di civili consumati a Perugia in quelle ore convulse: alla fine, in quel pomeriggio di sangue, i morti furono 26.

New York Times sul Massacro di Perugia

Nell’opinione pubblica internazionale la notizia diffusa da miss Cleveland ebbe l’effetto di una deflagrazione. Venne ripresa e rilanciata anche dal “New York Times”. Il papa che aveva già promosso, via telegrafo, Schimdt, il comandante degli Svizzeri, al grado di generale, proclamò in modo solenne che le stragi di Perugia erano «immaginarie e menzognere». La sua dichiarazione non placò le polemiche. La Spagna, la Russia, la Prussia  e l’Austria, che avevano sempre fortemente difeso l’esistenza dello Stato Pontificio, si unirono alle riprovazioni della Gran Bretagna. Solo la Francia rimase a difesa del pontefice.

Fu l’inizio della fine dello Stato Pontificio che nel giro di poco più di dieci anni perse man mano le sue provincie e alla fine anche la stessa città di Roma. Si concluse allora, nel 1870, il potere temporale dei Papi, che era iniziato nel lontano 752.

Salvatore Lopez