Unica Umbria

Assisi, una piccola Pompei

Assisi, una piccola Pompei

ASSISI – Altro che poverello di Assisi. Duemila anni fa la città di San Fran­cesco era molto più profana che sacra, ricca di mercanti e di ville lussuosissime. «Gioiamo dell’amore no­stro finché possiamo», de­clamava il poeta Properzio che qui era nato. I suoi ver­si allietavano banchetti e feste di ogni genere. Que­sta storia straordinaria ci viene ora raccontata da una splendida domus romana scoperta nel cuore del cen­tro storico, in parte sotto Palazzo Giampé, sede del Tribunale e in parte sotto l’edificio dove si riuniva il comitato per la festa popo­lare del Calendimaggio.Dopo aver varcato un’ano­nima porticina di servizio si comincia a scendere, nel­la penombra. Si va giù di sette metri rispetto al livel­lo stradale, fino a incontra­re quella che, a giusto tito­lo, è stata ribattezzata la «Pompei umbra».

Il primo degli ambienti visitabili, anche se è l’ultimo ad esse­re stato liberato dalla terra, è un cubiculum, una stanza da letto sontuosamente de­corata. A terra c’è un mo­saico con disegni geometri­ci, oggetto delle amorevoli cure di Radu Zaharia, re­stauratore romeno di com­provata esperienza. Le pa­reti hanno colori decisi, bianche in cima, nere alla base e, al centro un rosso acceso, come se ne vede so­lo a Pompei, appunto.Difficile, in assenza di una iscrizione o di un documento, dire a chi esattamente appar­tenne la casa, ma sicuramente fu gente di buon gusto e che aveva soldi da spendere. Forse, qualche commerciante della zona, di quelli che sfruttavano l’alto corso del Tevere per fio­renti attività di import-export. Sull’età della villa invece gli archeologi nutrono pochi dub­bi, risalirebbe alla metà del I secolo d.C., quando a Roma imperava Nerone.La storia dello scavo comincia nel 2001, durante i lavori di re­stauro e consolidamento della città a seguito del sisma che si era abbattuto sull’Umbria nel 1997 e aveva sbriciolato pure gli affreschi giotteschi nella Basilica di San Francesco. Le autorità locali avevano de­ciso di dotare il Tribunale di un ascensore e così si cominciò a scavare per creare lo spazio necessario per la sua corsa.«Gli operai si bloccarono subi­to, perché appena 50 centime­tri sotto il pavimento dell’in­gresso furono ritrovati degli stucchi provenienti da capi­telli romani», spiega la dotto­ressa Maria Laura Manca del­la Soprintendenza Archeolo­gica dell’Umbria.

«Così ini­ziammo un vero scavo arche­ologico per vedere cosa c’era. Erano tre colonne altissime che faceva­no parte del giardino porticato di una casa molto grande. Una scoperta sensazionale».Gli archeologi erano scesi mol­to in profondità, per raggiun­gere il pavimento dell’antica abitazione. Avevano calcolato che il peristilio, cioè il giardi­no, potesse avere cinque colon­ne sul lato lungo e tre su quello corto. Rimaneva da trovare le stanze che vi si affacciavano.Nel 2002 individuano la pri­ma, forse un soggiorno, mai adoperato dai padroni della domus che lo abbandonarono frettolosamente a causa di una perdita d’acqua dal vicino va­no-cisterna. Poi, l’anno succes­sivo, viene fuori il triclinio, dove i Romani erano soliti intrattenersi piacevolmente mangiando, conversando e fa­cendosi servire da ancelle avvenenti. Lo spazio era decorato con grifoni e animali mitologi­ci, tripodi, motivi architettoni­ci a sfondo giallo e rosso, una gioia per gli occhi.Oggi, pur­troppo, ci si entra con qualche difficoltà e si devono aggirare i sostegni in cemento armato sistemati per impedire il col­lasso degli edifici sovrastanti.«Il palazzo del Tribunale e del Calendimaggio sono stati co­struiti nel ‘600, proprio sopra la domus, ma poggiano sulla terra e non sui muri romani. All’epo­ca evidentemente nessuno si è accorto che sotto c’era una casa antica, altrimenti ne avrebbe smontato le pareti e le colonne per riutilizzarli. Da un lato è stata una fortuna, perché ne ha permesso la conservazione, dall’altro è un fatto negativo perché ci ha pregiudicato uno scavo completo. Se togliessimo fino all’ultimo granello di terra verrebbe giù tutto».

I soldi, come sempre, sono po­chi, ma la domus è troppo im­portante e va riportata alla lu­ce. Così, a cavallo tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, gli ar­cheologi arrivano finalmente al cubiculum. La stanza da letto, regno dell’intimità domestica per eccellenza.«Vi dormiva una donna, que­sta immagine nuziale è tipica di un ambiente femminile», dice la Manca, mostrandoci un quadretto dove si vedono un uomo ed una donna, sulla pa­rete rosso fuoco di fronte all’in­gresso, «e poi abbiamo trovato sul pavimento una gran quan­tità di fermacapelli». L’impronta muliebre è ovun­que.Un piccolo ciclo pittorico mostra quattro dame ben ve­stite che osservano silenziose una quinta donna intenta alla toeletta, con l’assistenza di un’ancella. Immagini così perfette da es­sere degne del pennello di un impressionista dell’800. «Sicuramente le maestranze che le realizzarono venivano dall’Urbe. Questo fa della Do­mus di Assisi un ritrovamento unico a nord di Roma». La si­gnora della casa amava attor­niarsi di oggetti sacri.Sulla so­glia della stanza gli archeologi hanno trovato un piccolo altare in terracotta con una statuina, il Lararium, dedicato alle divi­nità (Lari) protettrici della casa. Appeso al soffitto doveva es­serci l’oscillum rinvenuto in ter­ra, spaccato in due pezzi. Era un grande talismano in mar­mo, a forma di mezzaluna, che oscillava al passaggio del ven­to. Gli agricoltori lo utilizzava­no nei campi durante le feste rituali, per buon augurio. Di­venne, poi, vezzo dei ricchi e oggetto di arredamento per le loro sontuose magioni.La domus non finisce qui. Sui circa 500 metri quadrati abita­bili che girano intorno al peri­stilio insistevano altri ambien­ti che però si trovano al di sotto di un terzo edificio, il Palazzo del Cardinale, alle spalle di Tribunale e Calendimaggio.Il sogno degli archeologi sa­rebbe creare un collegamento sotterraneo per permetterne la fruizione integrale ma vi si op­pongono esigenze di sicurez­za. Per gli ospiti moderni, dun­que, niente “giro della casa” di cortesia, con buona pace della gran signora che vi abitò.

Marco Merola

Tratto da Umbriatouring

Marco Merola con questo articolo pubblicato da Oggi ha partecipato all’edizione 2012 del Premio Giornalistico Internazionale “Raccontami l’Umbria”, istituito dalla Camera di Commercio di Perugia con la partecipazione della Camera di Commercio di Terni.