Todi e i colli Martani, quel calice d’oro chiamato Grechetto
Un’incredibile connubio tra storia, arte, spiritualità, natura e paesaggio.
Questa è Todi e il suo territorio, che pare proteggere e osservare dall’alto della collina su cui sorge, con sguardo fiero e coraggioso, simile all’aquila che la simboleggia. Una meta imperdibile, per lo spirito, la mente e anche per il corpo, che trova nel paniere enogastronomico della zona un ricco banchetto, colmo di alcune delle eccellenze umbre più rinomate. E chissà, volgendo il pensiero ai tesori cari a Bacco, se il professor Richard S. Levine, studioso della Kentucky University, avrà tenuto conto anche del Grechetto, e dei vini di Todi in genere, quando ha decretato che è proprio questa “la città più vivibile del mondo”.
Un vitigno e un vino che sembra oggi rappresentarne i caratteri, forti e genuini, esuberanti e austeri. Non che sia un fatto recente, ma ora più di sempre, con la DOC che finalmente ha messo nero su bianco quanto forte sia il legame della città con il suo calice più autentico. Anche se il territorio, allargando lo sguardo oltre l’orizzonte, è quello dei Colli Martani, non si può che riconoscere come siano tante le peculiarità che lo rendono unico. Declinata anche in altre forme, che comprendo vini bianchi e rossi, saporiti e appaganti, non si può disconoscere il primato vitivinicolo del Grechetto nello scacchiere della denominazione appena sorta. Che a Todi assume caratteri unici, dovuti a suoli, climi e varietà specifiche. Plinio il Vecchio, ancora lui, se ne era accorto già nel 23 dopo Cristo, e ancora prima l’avevano capito i Tuderti (VIII secolo a.C.), fondatori dell’antica città etrusca, che bevevano vini che del Grechetto possono dirsi precursori.
In alto i calici, dunque, che mostrano ai monti e alle valli, ai colli e ai ruscelli, il loro colore ricco, quasi fossero raggi di sole gaudenti che illuminano chi ne sa godere.
Antonio Boco, L’Umbria nel bicchiere