Unica Umbria

Raccontami l’Umbria

Edizione: 2018 La Scarzuola, un sogno in pietra

Arte, Luoghi
Autore: Tosseri, Olivier

Nata dall’utopia dell’architetto milanese Tommaso Buzzi, questa città ideale nel cuore dell’Umbria non è stata immaginata per potervi vivere, ma per potervi pensare e sognare.

Le città ideali sono per la maggior parte inaccessibili, annidate nei sogni dei loro creatori. Alcune hanno visto la luce ma accedervi non è cosa semplice, come la Scarzuola, in Umbria, alla quale si arriva imboccando, in una nuvola di polvere, una strada perigliosa, pietrosa, che sale in tornanti fra le colline boscose. Conduce a delle mura che assomigliano più a quelle di un monastero che a quelle di una città. È qui che San Francesco, nel 1218, si fece costruire un rifugio in scarza, una pianta palustre da cui il nome della zona che presto avrebbe ospitato il convento poi abbandonato nel XVIII secolo.

La Scarzuola non si offre immediatamente allo sguardo del visitatore. Bisogna prima passare davanti a una piccola grotta dove, secondo la leggenda, San Francesco d’Assisi avrebbe fatto scaturire una fonte d’acqua miracolosa. Di fronte, si estende un giardino lussureggiante nel quale bisogna addentrarsi per raggiungere la città ideale di Tommaso Buzzi. Dopo aver riscattato il luogo nel 1957, l’architetto milanese ha ristrutturato il monastero e ha creato la sua città ideale. Vi consacrerà ogni risorsa, il suo genio e la sua energia per i successivi vent’anni della sua vita.

Chi penetra in questi luoghi rimane colpito dal silenzio che vi regna. Il silenzio di una città in rovina, abbandonata. Perché a la Scarzuola non si vive, si vaga come in un immenso scenario di teatro o di cinema, ci si perde come in un labirinto, ci si abbandona come in un sogno. Si deambula fra sette teatri e sette monumenti, tra cui un Partenone, un tempio di Vesta o ancora una torre di Babele. Tommaso Buzzi si diverte con questi giganteschi Lego di tufo. Assembla e impila edifici dalle dimensioni differenti e dagli stili architettonici più disparati, che spaziano dall’antichità al Rinascimento. «Alla Scarzuola, salvo la parte sacra, tutto è un teatro», scriveva. La scenografia è grandiosa, a immagine del Theatrum Mundi: il cuore della città, anfiteatro romano con i suoi gradini decrescenti, le terrazze ricoperte di mosaici, i due teatri del Sole e della Luna ai lati e l’Acropoli che lo domina. Al centro, il visitatore può abbracciare con lo sguardo l’orizzonte composto da valli boscose come lo sfondo di un dipinto di Leonardo da Vinci o di Raffaello.

Al visitatore, durante la sua passeggiata, sono riservate sorprese: scale che non portano da nessuna parte, la porta di Giona che evoca al tempo stesso i mostri della Bibbia e quelli dei giardini di Bomarzo,  viali in cui troneggia lo scheletro di un cipresso fulminato, o una biblioteca in una torre la cui scalinata emette una nota a ogni gradino. La Torre della solitudine lo inciterà alla meditazione, come anche la contemplazione delle vasche nelle quali si riflettono le forme fantasmagoriche del teatro acquatico. Al suo viaggio non mancheranno incontri divini e mitologici: un Pegaso dorato, una lira di Apollo – uno degli dei tutelari del luogo, che sembra averlo appena abbandonato – o ancora La Gigantessa, busto monumentale di donna dai seni generosi che simboleggia la Terra madre.

Un architetto star

Qual è il senso della visita? Domanda vietata a la Scarzuola, in qualunque modo s’intenda questa parola. La città, secondo la volontà di Tommaso Buzzi, non ha un senso, in quanto sarebbe la sua «piccola o grande follia, l’occasione per misurare le mie ambizioni, per interpretare i miei sforzi. La tomba architettonicamente grandiosa dei miei amori, delle mie passioni, dei miei successi, delle mie speranze, dei dolori, delle ricchezze guadagnate nel lavoro, dei miei ricordi, delle mie opere». Numerose queste ultime per il talentuoso architetto, nato nel 1900, che appena diplomato, nel 1923, inizierà una carriera folgorante, lavorando a fianco di Giò Ponti, per il direttore di Christofle, alla costruzione di villa Bouilhet (“L’Ange volant”), a Garches. Si susseguono cantieri prestigiosi in Italia e all’estero per il brillante e mondano Tommaso Buzzi, che si appassiona per le arti decorative e dei giardini, e diventa direttore artistico del mastro vetraio Venini.

Eccelle nella ristrutturazione di ville, esprimendo una sensibilità per gli spazi fuori dal comune. Compie dei miracoli facendo entrare nella modernità antiche dimore: a Maser, la villa Barbaro, concepita da Palladio per la Contessa Volpi, o, a Milano, la Villa Necchi Campiglio. I suoi clienti sono aristocratici, grandi borghesi e industriali alla guisa di Borletti o Agnelli, senza dimenticare i grandi nomi del cinema come George Cukor, il regista americano. Nonostante il successo, nel 1934 decide di lasciare il suo posto da protagonista sulla scena architettonica italiana.

Il fascino per la corrente rovinista

A partire dagli anni ’60 la Scarzuola sarà l’oggetto di tutte le sue cure e della sua frenesia creatrice. Vorrà vedervi sorgere «tutto quello che i [suoi] clienti non gli hanno permesso di realizzare» e la battezzerà Buzzinda, in omaggio a la Sforzinda, città immaginaria di Filarete, e ai suoi illustri predecessori del Rinascimento. Pienza, voluta da Papa Pio II in Toscana, Sabbioneta, riorganizzata dal duca di Mantova in Lombardia, Palmanova, costruita dal sovrintendente di Venezia nella provincia di Udine… molti gli esempi dai quali Tommaso Buzzi attinge per poterli meglio dissacrare e distorcere. Li studia, ne trae ispirazione.

La Scarzuola non è mai stata concepita per potervi vivere, ma per potervi pensare e soprattutto sognare. Buzzi utilizza il tufo come noi giocheremmo con i mattoncini del lego: costruendo, demolendo, ricostruendo, correggendo il prodotto della sua frenetica fantasia.

Sempre in viaggio, Tommaso Buzzi veniva a trascorrervi dei brevi momenti di pausa senza telefono, riscaldamento o elettricità. Quando muore, nel 1981, la città ideale non è ultimata ed è già in stato di abbandono da diversi anni, per volontà sua. Perché proprio questo stava alla base di quell’opera: l’importanza conferita, nella sua realizzazione, alla nozione di incompletezza. Affascinato dalla «corrente rovinista», Tommaso Buzzi intendeva lasciare alla fantasia di colui che guarda, o all’azione caotica della natura, il compito di impadronirsi e di completare quel luogo in sospeso. «L’ordine è il piacere della ragione, ma il disordine è la voluttà dell’immaginazione», leggiamo in uno dei suoi quaderni, «e naturalmente io sostengo la voluttà dell’immaginazione».

Né alla famiglia di Buzzi né allo Stato sta a cuore il destino di la Scarzuola, che rischia così di scomparire. Il nipote Marco Scolari, bizzarro personaggio dalla prosa sibillina, decide dunque di imbarcarsi per questo viaggio in Utopia. Le sue mappe stradali sono attinte dall’immenso fondo d’archivio lasciato dallo zio. Schizzi, bozze, disegni, annotazioni, quaderni sono tra gli elementi che Scolari decifra per restaurare, ricostruire o aggiungere nuovi edifici a la Buzziana.

Da trentacinque anni Marco Scolari si dedica a questo compito e si presta a fare da cicerone ai visitatori. «Sono un pazzo», confessa. «Come tutti quelli che hanno vissuto qui, a cominciare da San Francesco d’Assisi». Prosegue e arricchisce l’opera senza fissare un obiettivo al suo lavoro. «Cosa volete che diventi la Scarzuola? Un giorno diventerà polvere come Tommaso Buzzi stesso», dice con un sorriso. Marco Scolari è consapevole di essere un Sisifo che ogni giorno fa rotolare il sogno di suo zio in cima a questa collina al confine tra la Toscana e l’Umbria.

Cinque cose che non sappiamo sull’Umbria

01.Nel 1928, Tommaso Buzzi fonda con Giò Ponti la rivista Domus che si occupa di architettura, design e arte, ancora oggi importante riferimento.

02. Il Rinascimento vede prosperare le città-stato, e con esse il tentativo di costruire città in cui l’organizzazione sociale, i precetti morali e le regole urbane siano in armonia tra loro.

03. La Cascata delle Marmore, nei pressi di Terni, è una cascata su tre livelli costruita in epoca romana. I suoi 165 metri d’altezza la rendono la più alta d’Italia e la cascata artificiale più alta del mondo.

04. La basilica dei Santi Gervasio e Protasio a Città della Pieve, costruita nel XIV secolo, fu ricostruita in stile gotico nel XIII secolo e ospita una ricca collezione di opere d’arte del XVI e del XVII, in particolare del Perugino, Giambologna e Salvio Savini.

05. Sempre a Città della Pieve, lo Spazio Kossuth ospita opere dello scultore tedesco contemporaneo Wolfgang Alexander Kossuth che ha scelto l’Umbria come fonte di ispirazione.