Edizione: 2016 Noi, figli dei figli dei fiori
Sono giovani, si sottraggono al consumismo (ma meditano in streaming). E cercano una “nuova” filosofia di vita. Che hanno trovato nella comunità di Ananda, in Umbria. Dove abbiamo trascorso una giornata. Da aspiranti Yogi
Percorrendo la strada statale 444, che collega Assisi a Gualdo Tadino, all’improvviso potreste incontrare, tra le due scriminature di colli e uliveti, presenze con un non so che di luminoso e grandi sorrisi:siete arrivati ad Ananda, la comunità spirituale fondata 30 anni fa da Swami Kriyananda (al secolo Donald Walters), in seguito all’esperienza iniziata nel ’68 in California, sugli insegnamenti di Paramhansa Yogananda, autore di Autobiografia di uno Yogi (edizioni Ananda), al quale si deve l’arrivo dello yoga in Occidente dal 1920.
Ma se i fondatori della comunità vennero qui con il bagaglio delle pagine di libertà e ritorno alla natura che si scrissero negli anni ’70, la novità è che oggi una nuova generazione di giovani e giovanissimi sceglie lo stesso sentiero.
Sono i figli dei figli dei fiori, o ragazzi che hanno visto in questi anni andare in crisi il sistema di valori dei padri e non pensano che ripartire significhi rimettere insieme i cocci. Alcuni li abbiamo incontrati ad Ananda, e li abbiamo seguiti lungo le ore di un giorno.
All’alba la sveglia la dà lo spettacolo del sole che incendia l’aria intorno alle colline e disegna le sagome degli alberi. Dalle case della comunità si avvicinano passi silenziosi.
Fra loro ci sono Benno e Ruby, 19 e 23 anni, visi puliti e occhi color del cielo, arrivati dal Nord della Germania. ci fanno cenno che non possono parlare e indicano la stradina che porta al tempio dove si fa yoga e meditazione. Il cartello all’entrata recita: “Per i ricercatori della verità di tutte le religioni”. A colazione – frutta fresca, confetture e pane fatto in casa – raccontano di aver conosciuto la comunità da bambini. Lui deve ancora finire gli studi in Germania. Lei è nutrizionista, ha già le idee chiare: «Qui ci sono i miei più grandi amici» dice. Nel suo futuro, non ha programmi di soldi e successo: «Spero di trovare l’armonia con il tutto, di aiutare gli altri e di dare il mio contributo al mondo». Quindi ci porta dagli amici nella nuova Accademia di arte e consapevolezza, creata da Dana Andersen accanto alla comunità.
«Hi» ci accoglie Rachel, sua figlia, 27 anni, nata in California, cresciuta nella sede americana di Ananda, formata nelle università normali, infine arrivata in Italia. «Ero troppo diversa dai miei coetanei» spiega. «Avevo conosciuto un mondo felice e di là c’era tanta confusione, ansia e paura. Non si riusciva a meditare». Ora in Umbria fa la filmmaker.
Sorridono mentre lei racconta anche Alexandra, 34 anni, francese, e Calypso, 24 anni, greca. «Ci ho provato in tutti i modi» inizia Alexandra. «Ma in Lorena, dove vivevo con i miei genitori, ho capito che non faceva per me la strada comune: a ricreazione, quando i miei compagni avevano le merendine, io tiravo fuori pane e pomodori». Si ferma un attimo e sgrana gli occhi azzurri: «Ho cambiato non so quante scuole, provato non so quante città e situazioni diverse, anche in India, in Russia, in Australia. Ora sono qui, ma vorrei aprire una comunità mia nel Sud della Francia». E Calypso, a sua volta, racconta: «Siccome il mondo che avevo intorno non mi nutriva, smisi di mangiare e divenni anoressica. Guarii attraverso il percorso spirituale abbinato all’arte: ero a Londra quando seppi dell’Accademia. Ora passo qui vari mesi l’anno, di sicuro vivrò in una comunità in futuro». La cosa che la convince di più è la grande fiducia e l’affidamento alla vita che sente oggi in sé.
Nei campi intorno Ananda, Egor e Alessandra, russi, 32 e 24 anni, bagnano le piantine che nutrono la comunità. Lui è grafico pubblicitario a Mosca, «Ma ho un contratto per alcuni mesi l’anno, per essere libero», lei insegnante di yoga. Mentre la accompagniamo in cucina con una cassetta di verdura, confessa che già a 12 anni sapeva di voler fare un cammino spirituale e che l’altra vita non le dà felicità. Ed è stato così più o meno anche per Arudra. «Vivo qui da quasi cinque anni, sono arrivato da Zagabria a 19: dopo un anno di scuola di musica, avevo la certezza di voler cercare Dio» ci dice durante il pranzo, in cui i prodotti della terra si sono trasformati in prelibatezze colorate.
Nel pomeriggio incontriamo anche l’italiano del gruppo, Andrea, 22 anni, che vive con la famiglia qui vicino, fa il cuoco ad Assisi, ma frequenta Ananda appena può. «Quando andavo a scuola, quasi mi vergognavo di avere una vita parallela rispetto i miei coetanei: ora sono un magnete per loro. Si preoccupano per la crisi, io la chiamo trasformazione e funziona. Dico che il nostro percorso è dentro ogni cosa, tanto più nelle difficoltà: ma se le vedi così, si chiamano opportunità di crescita. Riconosco che questa è la mia strada dalla gioia che provo facendola» aggiunge. «Siamo in tantissimi così nella nostra generazione, in tutto il mondo, e siamo collegati attraverso internet: facciamo anche meditazione in streaming.
I nipoti dei fiori sono più tecnologici dei loro padri!». Intanto arrivano nuovi passi silenziosi, la stradina è ancora quella che porta alla meditazione della sera nel tempio, sui colli il sole è di nuovo una festa di rossi. E a noi è parso proprio di stare bene, così.