Unica Umbria

Storia & Storie

L’uomo che accarezza i formaggi

In tavola
Autore: Sampaolo, Claudio

«Io i formaggi li accarezzo, li tocco, li coccolo, li guardo e se serve ci parlo. Quando torno di notte, prima di salire in casa, vado sempre a trovarli. Sono arrivato ad averne fino a 90 tipi diversi, e so bene che loro, mentre maturano, hanno bisogno anche di queste attenzioni. Non a caso più invecchiano e più migliorano».

Antonio Andreani

Non pensate nemmeno per un istante che Antonio Andreani stia scherzando o usi metafore, lui insegna “antropologia degli alimenti” presso l’Università dei Sapori, ma è anche consulente per industrie alimentari (tecniche di vendita, merchandising, gestione dei banchi frigo), tiene conferenze, scrive manuali.

Ma soprattutto è nato dentro una bottega «che non chiude da 99 anni, domeniche e festivi compresi», ancora lì a piano terra dello storico Palazzo Biondi di Collepepe, un baluardo in mezzo alla campagna a perdita d’occhio, dove il bisnonno Federico aprì un negozio di “Sali e Tabacchi” nel 1915 e dove ora c’è il piccolo impero gastronomico di famiglia.

«Vendiamo e facciamo assaggiare, nella “Sala del Gusto”, formaggi, salumi, carne, vini, tutto rigorosamente e fedelmente della nostra terra».

Andreani, che significa essere “antropologo del cibo”?

Studiare la storia di quello che mangiamo e degli uomini che lo producono. Così ho fatto per scoprire i tesori nascosti dell’Umbria: i nostri formaggi. Ho girato, intervistato, chiesto, assaggiato. E scoperto che ci sono ancora 400 pastori, ma di questi solo 53 sono italiani e appena 31 hanno una piccola capacità produttiva, non caseifici, ma vere e proprie “fabbriche del latte”, con delle eccellenze importanti e soprattutto genuine. Per dire: nessuno usa conservanti per produrre pecorini, ricotte, caciotte, roccacci, raviggiole, ruzzichelle, bigetti e grelli. Nemmeno l’E235, la pimaricina, un prodotto di sintesi che viene messo, per immersione, sulla superficie di tutti i formaggi prodotti industrialmente, formando un film che secondo il regolamento europeo serve ad evitare cali di peso, disidratazione e contaminazione batterica. Il mio parere è che sia l’ennesimo legaccio imposto dalla burocrazia di Bruxelles. Come l’obbligo di sostituire i vecchi contenitori/stampi in legno con quelli in teflon, sempre per eliminare i batteri. Sa qual è il risultato finale? Che il sistema di produzione è diventato asettico e noi consumatori invece di assumere la giusta quantità di flora batterica ingeriamo conservanti. Le dirò di più: secondo autorevoli studiosi il ritardo nella decomposizione dei cadaveri, che si allunga sempre più, deriva proprio dai tanti additivi che mangiamo in vita dentro gli alimenti. Ci aiutano a morire prima, ma poi ci conservano da morti.

Tornando ai formaggi: c’è un censimento di quelli umbri?

Un primo passo avanti l’ha fatto Unioncamere dell’Umbria con un libro che riporta tutte le principali aziende casearie ed i loro prodotti. Peccato che, formalmente, siano degli illustri sconosciuti, visto che l’Umbria non ha nemmeno un dop. Sui nostri prodotti industriali c’è scritto “pecorino toscano dop Umbria”. Assurdo. Per fortuna le “fabbriche del latte” fanno parlare la qualità.

Facciamoci venire un po’ di acquolina in bocca, allora…

A Colle San Paolo, sopra Tavernelle, c’è il Fonte Manna, dove Marco produce uno degli yogurt da latte di pecora più buono d’Italia. L’ho osservato, annusato, degustato, ho fatto una analisi sensoriale e poi un profilo organolettico: è uno yogurt elegante al palato, ovviamente senza alcun addensante. Ne fa poco, 25 chili per volta, è una cosa per buongustai, così come una caciotta giovane e un eccellente pecorino. In quell’azienda, risorta in una zona storicamente dedita alla pastorizia, dove molti decenni fa ogni famiglia aveva come minimo 10 pecore, è persino possibile “adottare” un agnellino, una pecora o un montone spendendo qualche decina di euro. In cambio si potranno avere i prodotti ottenuti dal latte degli animali stessi.

Il lavoro del pastore è sempre duro come decenni fa?

Mah… la transumanza ormai si fa con i camion, anche se qualcuno continua a praticarla a piedi. Poi, che vuole, ci sono periodi di grande solitudine, di isolamento, specie quando si sta al pascolo, infatti la maggior parte dei pastori sono macedoni. Ragazzi anche molto giovani, ma tutti con una capacità di sopportazione endemica. Possono stare anche 4 mesi senza vedere una persona, basta abbiano un telefono satellitare per parlare con casa propria e una radiolina.

Antonio Andreani

Anche la Valnerina è terra di pastori…

Soprattutto. A Vallo di Nera, dove la pastorizia esiste da sempre, sono andato a trovare Franco, che ha solo 52 anni, avrà circa 350 pecore ed è entusiasta del suo lavoro. Produce una ricotta buonissima, produzione limitata, chi la vuole deve andare lì, così può assaggiare anche il pecorino. Un’altra produttrice, ancora più giovane è Sara Coccia, di Castelluccio, che ha meno di 40 anni. Nel suo “Sentiero delle Fate”, a ridosso del paese, sforna un pecorino dalla pasta elastica, leggermente pressato, senza cioè le micro-occhiaie, le fessure dette “occhi di pernice” che di solito lo caratterizzano.

Qui c’entra davvero l’antropologia: Castelluccio una volta era il regno della pastorizia, d’estate si potevano trovare anche 50-60mila pecore al pascolo…

È un lavoro duro, specialmente per una donna e specialmente lassù a 1450 metri, ma evidentemente il richiamo della terra e delle radici, il dna, ha portato Sara a fare questa scelta importante. Un’altra realtà dove è impegnato un giovanissimo è l’azienda “la Perla del Tevere”, a Penna in Teverina, dove la famiglia Pietrocini produce un formidabile grana di bufala. Una alternativa al parmigiano, dalla pasta friabile, ottimo da degustare, ma anche grattugiato. E sa chi è il casaro che fa questa meraviglia di prodotto? Il figlio diciottenne del titolare, che, come dice lui, è nato in una stalla e trova del tutto normale dedicarsi anima e corpo a lavorare il latte, piuttosto che andare in discoteca. Sono convinto che lui accarezza le sue bufale….

Chiudiamo la hit parade con altri consigli volanti.

Direi l’altro allevatore di bufale, Gianluca Paolo, della fattoria Montelupo (Città di Castello) che ha tuta la linea di prodotto, ma la ricotta è qualcosa di imperdibile, più dolce di quella di pecora e leggerissima al palato, si può usare per qualsiasi tipo di cucina, dall’antipasto al dolce.

Poi la ricotta fresca di Francesco Monni, a Montone, che ha anche un pecorino “maschio”, bello, forte, arrogante. È invece giovane, pastoso, con al massimo 30 giorni, il pecorino di Fabrizio Gobbi, a Colle del Gobbo di Narni: ho “strappato” una fettina per attivare la struttura molecolare, mi è esploso l’odore del latte sotto al naso.

Ad Amelia consiglio di andare da Giacomo Vitto per la sua burrata, elastica e morbida, ma anche per una strepitosa torta di ricotta al cioccolato.

Infine, chi ama i caprini… di capra (occhio alle etichette, l’industria li chiama così, ma poi sono fatti col latte vaccino) può salire fino a Prodo, tra Todi e Orvieto dove la fattoria Ma’ Falda ne fa di buonissimi, da fare invidia ai pastori dei Pirenei.

Questi prodotti arrivano nei ristoranti umbri?

Molto poco, eppure invece di comperali fuori regione o all’estero, sarebbe una gran bella pubblicità, un bel volano per la nostra economia se cominciassimo a darci tutti una mano.

Questa si chiama globalizzazione, no?

Guardi, ci vuole buon senso, altrimenti si fa la fine della Giannina di Preci. Una signora anziana che da sempre viveva, anzi “conviveva” con le sue due vacche e produceva 20 forme di pecorino all’anno, ricavo sì e no 300 euro. Era il suo passatempo da pensionata, la sua ragione di vita. Un giorno arriva… lo Stato e gli impone di costruire un laboratorio “secondo le norme europee” o chiudere. Ci volevano migliaia di euro. Giannina ha dovuto vendere i suoi animali, ha avuto un malore quando l’ha visti caricare su un camion e 40 giorni dopo è morta. Ha un senso tutto questo?

Claudio Sampaolo

* Questo articolo  stato pubblicato nel febbraio 2014 sul Giornale dell’Umbria.

Web: gastronomiaandreani.blogspot.it