Unica Umbria

Storia & Storie

I “matti” di Gubbio scovati in Archivio

Diario di viaggio, Luoghi
Autore: Cece, Fabrizio

Nelle mie escursioni bibliografico-archivistiche mi è capito più volte di imbattermi nel simpatico epiteto che caratterizza gli eugubini. Piccole pubblicazioni, anche degli anni Trenta del secolo scorso, narrano le “gesta” di vecchi concittadini famosi, anche per tradizione non documentata, di comportamenti facilmente classificabili come “matterie”. Una eccentricità – diciamo così – tipicamente eugubina.

Va segnalato un episodio curioso. Nell’estate del 1829 tre religiosi toscani si recarono a Roma percorrendo buona parte dell’Italia centrale e passando in molte città, Gubbio compresa. Sibillina, ma poi non tanto, questa loro considerazione:

Vi è la strada detta del Corso, che per città di monte è degna d’ammirazione. In vetta della città, come a Ancona San Ciriaco, conservano intatto il corpo del loro santo protettore vescovo Ubaldo, che libera dai dolori di testa, ma i gubbiesi ne soffrono assai e molti di loro non conoscono San Pietro [Martire, invocato contro le emicranie] e l’aria più omogenea per essi sarebbe quella di Civitacastellana [il cui forte era adibito a carcere pontificio].

Insomma, secondo i religiosi, per guarire certi mal di testa, agli eugubini più che i santi servirebbe un bel luogo di reclusione!

Da ricordare anche uno scritto del notaio Luigi Lucarelli del 1827. Nei giorni 5 e 6 settembre di quell’anno si giocò sul Corso una partita di pallone (al bracciale). I giocatori furono Angelo e Luigi Donati chiamati “i diavoletti di Faenza”, Domenico Massimo di Sacile, il toscano Angelo Pacini, il marchigiano Maurizio Galli e un certo Donati detto “il matto di Gubbio”.

C’è poi da ricordare don Luigi Pizzichelli, sacerdote dal 1760: morì nel 1801 e fu sepolto in duomo. Fu contabile del Capitolo della Cattedrale e nell’archivio vescovile si conservano ancora alcuni registri scritti di suo pugno. Alla fine di uno di questi volumi è scritto: “Io D. Lorenzo Pizzichelli matto da Gubbio 1799”.

L’ultima citazione riguarda un eugubino che il 13 marzo 1425 fu chiamato a fare da testimone ad un atto notarile. Si firmò come Pietro di Antonio di Stefano ,“alias matto”.

La Fontana di San Giuliano a Gubbio, chiamata anche del Bargello e conosciuta come la Fontana dei Matti (foto: Giancarlo Piergentili)

Non posso fare a meno di ricordare gli epiteti di cui sono graziati gli abitanti del circondario. L’elenco si deve al compianto Ivo Puletti di Costacciaro: “Matti de Gubbio, Nobili de Cantiana, Borsaroli de la Schiggia, Lumacari de la Costa, Greci, o Greggi, de la Villa, Gobbi, o Guerci, de Costaciaro, Zìngheri de Segillo, Cavaciocchi del Purello, Grattasassi de Fosato, Polentoni de Gualdo, Preti de Nocera”.

Il legame tra la fontana di San Giuliano, poi detta con una forzatura di fine Ottocento, “del Bargello” e i presunti matti non ha ovviamente nessun riscontro storico.

Invece l’acquisizione del titolo di matto è testimoniata per la prima volta – ma forse la “tradizione” è molto più antica – in un articolo pubblicato da Pistolesi nel 1885 nella rivista “Emporio Pittoresco”.

A Gubbio – recita l’articolo – si va a prendere o riformare la patente di pazzia facendo per ingenuità combinata con la malizia altrui tre giri attorno alla fontana di Santa Giuliana.

Pistolesi ricorda anche il farmacista che, “nel tempo che fu”, era solito pestare forte nel “suo mortajo bronzeo” per richiamare la folla attorno alla fontana in occasione del conferimento del titolo di matto. Dalla documentazione disponibile sappiamo che tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento nella piazzetta di San Giuliano – forse proprio nel palazzo del Bargello – tennero bottega gli speziali Antonio Ghiacci, Antonio Orciari e Giacomo Fabbri. Chi, tra loro, sarà stato il pestatore di mortaio?

Fabrizio Cece