La splendida fontana di Polino
La strada che da Montefranco porta a Polino, nella Valnerina meridionale, si incunea nella stretta valle del Nera in tortuosi tornanti tra muretti a secco e antiche torri colombaie, tra gli orti ancora coltivati e i fiori bianchi dei mandorli e dei prugni selvatici.
Polino è uno dei più piccoli comuni d’Italia (conta poco più di 260 abitanti), ma accoglie chi arriva con una fontana monumentale che non trova confronti in Umbria: una fontana seicentesca degna di una città di ben altre dimensioni.
Il contrasto con il piccolo borgo medievale, arroccato intorno al bel castello dalle torri circolari, è veramente d’impatto. La prima reazione è d’incredulità e stupore.
Ti guardi intorno e scopri che tra le poche e gentili persone che un sabato mattina attraversano la piazza d’accesso al paese, quella dove un tempo si faceva il mercato, dove si concludevano affari e matrimoni, dove si lavavano i panni al fontanile (che ancora si usa e profuma di sapone), nessuno sa come si chiama.
In effetti non ha nome, è “La Fontana” e basta.
Polino era nel passato un borgo molto importante per la presenza di miniere di marmo, di ferro e d’oro. Raggiunse il massimo splendore nella prima metà del XVII secolo con la signoria dei marchesi Castelli di Terni, come si legge nell’iscrizione posta proprio sulla fontana, datata 1615.
Fu eretta dal principe Giulio Castelli di Sant’Eustachio all’ingresso del centro abitato, a diretto contatto con il fontanile pubblico medievale. In genere queste grandi fontane erano addossate a una parete di un palazzo o ne erano parte integrante. Qui, invece il monumento si staglia, bianco e luminoso, contro il verde dei boschi dei monti Pelano e Pelosa. Peccato che qualche amministratore poco illuminato abbia fatto costruire alla sue spalle proprio la sede del Comune, interrompendo un po’ il rapporto con la natura.
Ma la fontana, costruita in conci ben squadrati in chiara pietra calcarea locale, è comunque grandiosa. È composta da un imponente fronte tripartito, profondo poco più di un metro, che svetta verso il cielo non meno di una casa a due piani. Nella parte superiore delle due lesene centrali, sono scolpite figure antropomorfe di ispirazione marina, in quella inferiore trofei a cornucopia sostengono dei mascheroni, anch’essi alludenti a divinità acquatiche.
Nel riquadro superiore, al centro, è la lapide celebrativa della fontana sormontata da uno stemma completo di tutti gli attributi e le allegorie principesche dei marchesi Castelli.
Delle tre vasche alla base, quella centrale è sormontata da una figura maschile che discende da quella di epoca romana di Martorio (Roma, Musei capitolini).
Nelle vasche laterali l’acqua sgorga da due teste leonine sovrastate dagli stemmi dei Castelli. L’elegante attico con volute sui raccordi laterali, sormontate da piccole torri, è coronato da due obelischi e da una scultura di trequarti raffigurante una regina che sembra emergere dalle onde.
La tradizione locale la identifica con Giovanna la Pazza, sovrana delle Puglie, accolta in fuga a Polino dopo l’uccisione del marito. Per ringraziamento dell’ospitalità ricevuta, la regina avrebbe fatto realizzare la fontana e raffigurare se stessa sul prospetto. Il mistero ha avvolto a lungo la sua figura. Le tradizioni locali sovrappongono le storie drammatiche di due regine omonime, Giovanna d’Aragona (1479-1555) e Giovanna I d’Angiò (1326-1382), entrambe dette “la Pazza” e legate al regno di Napoli e della Puglia.
La scultura di Polino è in realtà identificabile con quest’ultima, sorella di Ladislao d’Angiò, re di Napoli, poiché nello stemma dei Castelli sono rappresentati gli attributi da lei concessi alla famiglia ternana di cui fu considerata come una capostipite.
Questa inconsueta iconografia, così come i riferimenti decorativi e architettonici tipici delle fontane della Roma papalina della seconda metà del ‘500, incuriosiscono e meritano di essere ancora oggetto di studio e approfondimento.
Vittoria Garibaldi