Unica Umbria

Storia & Storie

Quando Richard Gere cavalcava a Patrico

Diario di viaggio, Luoghi
Autore: Cementi, Vincenzo

Già lanciato come nuovo sex symbol di hollywood da “American Gigolò”, scritto e diretto da Paul Schrader nel 1980, Richard Gere aveva ottenuto la consacrazione mondiale con il drammatico/romantico “Ufficiale e Gentiluomo” di Taylor Hackford (1982) e “Pretty woman” di Garry Mashall (1990), il più popolare film dei nostri tempi.

Richard Gere e Cindy Crawford, Annual Academy Awards, 1992

Era l’estate del 1992, quando insieme all’attrice Cindy Crawford, a bordo di una malandata Fiat Uno bianca, salì, in incognito, a Patrico, splendido borgo medievale della montagna spoletina.

A Felice Bartoli, titolare dell’omonimo agriturismo sulla montagna spoletina, larrivo degli “americani” fu annunciato da una telefonata di Bruno Rubeo, architetto e scenografo romano che aveva già firmato negli States le scene di decine di film importanti e che, di Patrico e delle sue montagne da esplorare a cavallo, era un habitué.

Già nomination all’Oscar per la scenografia di “A spasso con Daisy” di Bruce Beresford (1983) e, successivamente, Nastro d’argento (2006) per la scenografia del “Mercante di Venezia” di Michael Radford, Rubeo chiamava – chissà da quale parte del mondo – per prenotare una gita a cavallo per i suoi più importanti amici americani.

Era l’assolato 3 agosto del 1992 a Patrico, 13 km sopra la città ducale. “Felicino”, come tutti lo chiamano a Spoleto e dintorni, sulle prime aveva rifiutato perché la piccola struttura ricettiva, creata quattro anni prima, era “sold out”, tutta impegnata, e la passeggiata a cavallo da Patrico a Sensati, un piccolo villaggio medievale disabitato, era lunga: ci volevano almeno due ore di mulattiera, tra andata e ritorno.

Felice ci pensò su qualche attimo, mentre Rubeo insisteva al telefono, poi disse di sì, senza aver compreso bene chi fossero questi americani “tanto importanti” che Rubeo chiedeva di accompagnare fino a Sensati. E nella più assoluta discrezione, diceva lo scenografo.

Passeggiata a cavallo a Patrico

Né cronisti, né paparazzi, né curiosi. La coppia di “americani” doveva essere protetta da un’impenetrabile cortina di silenzio, ripeteva Rubeo. Mah… Sarà… rimuginava Felicino: quelli erano venuti su a Patrico con una macchina così scalcinata… Ma con la solita, infinita pazienza dei patricani, sellò accuratamente i cavalli, strinse le cinghie e permise ai suoi due figli, Luana di 19 anni e Pietro di 15, di accompagnarlo nel trekking a cavallo con gli amici di Rubeo.

Aveva acconsentito alla gita fuori programma per spirito di dedizione all’attività della famiglia, che dal 1988 era stata pioniera in Umbria dell’Agriturismo, la nuova offerta del turismo rurale.

Una famiglia tenace, laboriosa e soprattutto lungimirante, quella dei Bartoli, che aveva scelto di insegnare ai visitatori di città la vita e il lavoro nella natura, i saperi della cucina tipica dell’Umbria meridionale, il sapore dei cibi a chilometro zero.

Sin dal 1983 avevano avuto notizia sui giornali di una prima struttura turistico-rurale creata in un maso dell’Alto Adige e Felicino aveva cominciato un instancabile andirivieni da Perugia, presso gli assessorati del governo regionale. Cinque anni di spola, corredati da domande scritte, missive e telefonate. Fino a quando l’assessorato competente istituì la nuova tipologia di accoglienza turistica.

Oggi, che nel comune di Spoleto esistono una sessantina di strutture agrituristiche e nella regione ce ne sono ben 1052 e la domanda turistica, soprattutto straniera, è in crescita esponenziale, tutto ciò sembra preistoria . Ma i pionieri furono i Bartoli di Patrico che, come scrisse qualche cronista locale avevano inventato “l’agroturismo”.

Portavano gli ospiti sulla montagna, a vedere il taglio sapiente dei boschi, la difesa del paesaggio, dell’ambiente naturale e tutto il quotidiano e stagionale svolgersi della vita in una fattoria.

Li accompagnavano a vedere l’allevamento degli animali (mucche, vitelli, pecore, capre, asini, muli e maiali) lasciati al pascolo libero, in stato semibrado su duecento ettari di selve, prati e radure tra i 1000 metri di altitudine del paese e gli oltre 1300 della cima del monte Fionchi.

Mostravano ai turisti l’addestramento dei cani pastori, dei segugi da caccia e da tartufo e soprattutto le tecniche antiche della doma dei cavalli, le pratiche della mascalcia.

E poi i gesti arcaici dell’arte del formaggio e della ricotta e i segreti della caccia al vero tesoro del bosco: il tartufo nero, nelle due specie estiva e invernale.

I turisti avevano incominciato ad arrivare da tutta Italia, ma anche dal nord Europa e dagli Stati Uniti, conquistati dall’accoglienza semplice e cortese stile “villeggiatura nei paesi d’una volta”, stregati dall’aria cristallina, dal fuoco crepitante del camino che riscalda anche l’anima, dal suono ritmato dei denti dei cavalli che frangono la biada (“con rumor di croste”, come scriveva Pascoli) e dalla bellezza incomparabile di un panorama che da Patrico spazia a 360 gradi su tutta Umbria centrale. Centinaia di chilometri di cielo, di nuvole alla deriva, di albe e tramonti pennellati come quadri di Van Gogh.

Intanto la giovane coppia di “americani” cavalcava bene, con stile, lungo i tratturi e i secolari sentieri un tempo usati per la transumanza delle greggi dalle maremme. Ogni tanto commentavano tra loro in inglese la vista delle selve che si susseguivano primordiali e intatte a perdita d’occhio, sui fianchi del monte.

Erano estasiati dalla “wilderness”, dal respiro della terra incontaminata e selvaggia, delle vedute di dirupi, remote vallate e dal profumo del timo serpillo, della santoreggia o dell’erba cipollina calpestate dagli zoccoli dei cavalli.

Si fermarono più volte ad osservare il volo planato del falco lanario: forse era quello il “piccolo Eden” che cercavano, per vivere il loro amore, lontano da press agent, security, gossip, circo mediatico.

Vista panoramica su Sensati, il borgo dimenticato

Si fermarono a Sensati, il villaggio medievale disabitato,  sul versante che digrada verso la Valle del Nera. Girovagarono a lungo tra i ruderi di quel “paese fantasma”, dove antichi portali di pietra su grandi edifici in rovina raccontavano memorie d’epoca cavalleresca.

Forse fu qui, tra questi monti appartati e queste antiche e solitarie foreste che, come recita un manoscritto in francese antico, nel 1318 tremila templari si riunirono in una grande assemblea segreta per decidere il futuro dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, dopo la persecuzione ordinata da Filippo il Bello e la soppressione dell’Ordine dei monaci guerrieri da parte di papa Clemente V.

La bella coppia di americani, che si aggirava tra le viuzze deserte di Sensati, cercava forse le tracce di quel segreto accadimento, di quella “memoria dispersa” nelle nebbie del tempo?

Paziente e cortese, Felicino aspettò, insieme ai cavalli, sotto l’ombra di una quercia secolare, poi l’”americano”, in un italiano essenziale, gli spiegò che voleva comprare tutto il paese e Felicino allora si preoccupò: forse era l’effetto implacabile del sole cocente o quello della fame lupigna stimolata dall’aria di montagna.

Era ora di tornare a Patrico: li convinse a trattenersi almeno per uno spuntino.

Arrivati in paese, sulla piazzetta davanti a casa li accolse un piccolo comitato di amministratori spoletini: Sergio Grifoni, assessore allo Sviluppo economico del comune e il sindaco di Spoleto Giancarlo Tulipani. Erano lì per salutare gli “americani in incognito”. Fu allora che Felicino scoprì chi aveva portato in gita a cavallo.

Si misero tutti a tavola e Marcella, la moglie di Felicino, apparecchiò per una merenda d’emergenza. Arrivarono piatti di affettati caserecci: prosciutto, capocollo, mazzafegati. E davanti a una strapazzata di tartufo scorzone, Richard sfoderò lo sguardo felino di quando fissava le labbra di Julia Roberts, stupenda “squillo per caso” e moderna cenerentola di “Pretty woman”.

Divorarono ogni cosa con il sorriso della beatitudine disegnato sul volto. Erano talmente belli che, come disse Marcella,“avrebbero potuto fare gli attori”. Dopo cena accettarono di farsi fotografare insieme a Felicino e Marcella, nonna Cecilia e Luana e Pietro, poi salutarono tutti con affettuosa signorilità. Prima di accendere il motore della Uno, Richard aprì il finestrino, mandò un bacio a tutti “I love you – vi voglio bene” disse. Luana si commosse.

Fecero ritorno a Spoleto sulla Uno bianca scassata. Dicono che un cameriere della residenza d’epoca di Vallocchia, dove alloggiavano, gliel’avesse prestata con la promessa di riaverla indietro prima di notte. Erano Richard Gere e Cindy Crawford. In incognito.

Agriturismo Bartoli

E oggi? Felicino è quanto mai inossidabile e insieme a Pietro gestisce con autorità patriarcale la storica struttura agrituristica di Patrico. Nel corso degli anni hanno soggiornato qui artisti, scrittori, registi e musicisti di ogni parte del pianeta. Il grande Gian Carlo Menotti veniva tutte le estati a prendere il fresco quassù e insieme al vecchio capofamiglia Domenico Bartoli (erano entrambi del 1911) passava le serate a parlare della Divina Commedia e di Dio. Il cantautore, compositore e produttore discografico Jono Manson è di casa.

L’attore John Pankow (“Vivere e morire a Los Angeles”, “Talk Radio” e tanti altri film), insieme alla moglie e collega Kristine Sutherland (la Joice Summer del telefilm “Buffy l’ammazzavampiri” e protagonista in “Tesoro mi sono ristretti i ragazzi”) e alla figlia Eleanore, quando è in Italia è uno dei più assidui estimatori degli strangozzi al tartufo e di coratella con stufato di cipolle e carciofi cucinati da Marcella.

E la rustica mousse di ricotta e marmellata di more selvatiche si chiama ancora “alla Cindy”.

Vincenzo Cementi

Web: www.agriturismospoleto.net