Unica Umbria

Storia & Storie

Trasimeno, la grande bellezza

Diario di viaggio, Luoghi
Autore: Fioravanti, Federico

Gli Antichi Umbri, il primo popolo che abitò l’Italia, lo chiamavano Tarsmeno, «quello che si prosciuga». Un grande lago, tondo, capace di mutare di continuo forma e colori, a seconda del ritmo delle piogge.

Tabula Crotonensis

Nella lingua degli Etruschi, per assonanza, diventò Tarsminass. Un nome entrato nella storia dell’archeologia: fu impresso nel bronzo, più di ventidue secoli fa, in uno dei sette frammenti della Tabula Cortonensis, il manufatto etrusco riemerso in Valdichiana nel 1992. Si parla delle acque di Tarsminass a proposito dell’atto di vendita di fertilissimi terreni da parte di un altolocato personaggio di Cortona.

Il Trasimeno è il lago più antico d’Italia: si formò nel Pliocene, più di 5 milioni di anni fa, prima di tutti gli altri specchi d’acqua glaciali e vulcanici presenti nella Penisola. È anche l’unico lago italiano ad essere ospitato in una depressione originata da un movimento tettonico, come è accaduto, nel resto del mondo, per il Mar Morto, il Tanganica, il Titicaca e il Bajkal.

ACQUE E CIELO, LO STESSO DESTINO Con i suoi 128 km quadrati è anche il lago più esteso dell’Italia centrale. Il quarto della penisola, dopo il Garda, il Lago Maggiore e il Lago di Como. Largo quasi 15 km con un perimetro di 53 km. Le acque, in media, sono profonde meno di 6 metri. Senza immissari e emissari naturali, si alimenta soltanto con le piogge.

Tre verdissime isole emergono dal lago: la Maggiore e la Minore a nord, davanti a Tuoro e Passignano e l’isola Polvese, la più grande, sul lato opposto, solo a qualche centinaio di metri dall’abitato di San Feliciano.

Acque e cielo appaiono uniti dallo stesso destino: uno specchio fragile nel quale sembra riflettersi tutta la grande bellezza dell’Umbria.

«Sembra un uovo di pavoncella; ulivi grigi preziosi, delicati, freddo mare, verde conchiglia». Così, nell’inverno del 1935, descrisse il Trasimeno nel suo diario la grande scrittrice inglese Virginia Woolf.

Colori resi sempre nuovi dalla luce che dal cielo si riflette sulle acque: argentee al mattino, verdi, blu o rosa a seconda del sole e delle ore del giorno. Fino a rosseggiare d’estate, in tramonti che sembrano infiniti.

Lago Trasimeno, fotografia di Alessio Giovagnoli

Lo spettacolo ammalia ancora oggi il viaggiatore. Un’emozione che si ripete ogni giorno. E che spesso si ha voglia di condividere, come scriveva in modo appassionato Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”:

«Il lago di Perugia offre uno spettacolo di grande bellezza. Mi struggo dal desiderio di avere al mio fianco qualcuno dei miei».

Un paesaggio vasto e quieto che riconcilia con il mondo. Cesare Brandi, grande storico dell’arte, ne riassunse il fascino in una celebre immagine: «Un velo d’acqua gettato su un prato».

Lo scrittore di fiabe Hans Christian Andersen (1805-1875), che forse proprio sulle rive del lago, a Passignano, trovò ispirazione per la storia de “Il brutto anatroccolo”, raccontò lo stupore di un Trasimeno «illuminato dalla sera, come oro fiammeggiante fra le montagne azzurre». E aggiunse:

«Dall’alto e al di là delle distese di uliveti, ammiravamo lo stesso incantevole paesaggio che si rifletteva negli occhi di Raffaello come aveva fatto in quelli di Augusto…».

Adorazione dei Magi, 1504, Pietro Vannucci detto il Perugino, Città della Pieve, Oratorio di Santa Maria dei Bianchi

I PAESAGGI DEL PERUGINO E DI RAFFAELLO Beato Angelico, Perugino, Raffaello, Leonardo: il paesaggio, reale o immaginario, del Trasimeno, ha percorso la storia dell’arte.

La prima rappresentazione conosciuta del lago compare nel 1430, nella predella di una Annunciazione del Beato Angelico destinata alla chiesa di San Domenico di Cortona: un trionfo di ariose colline quasi a corona delle acque e immerse in una nebbia leggera.

Un altro, realistico panorama del Trasimeno, visto dal valico di Monte Colognola, emerge sullo sfondo di un affresco di Fiorenzo di Lorenzo, datato 1488 e conservato tra le tante meraviglie della Galleria Nazionale dell’Umbria.

Il più importante e conosciuto tra i “figli del lago” è però Pietro Vannucci, detto “Il Perugino” (1450-1523) nato a Città della Pieve e sepolto nel paese di Fontignano.

Si formò lontano dalla sua terra, tra Arezzo e Firenze, alla scuola di Piero della Francesca e poi in quella fucina di talenti che fu la bottega del Verrocchio, insieme a Leonardo da Vinci, Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi, Luca Signorelli e Sandro Botticelli.

Il suo Trasimeno è una visione, idealizzata in altri lontani e sognanti paesaggi lacustri, come appare nel dipinto “L’Adorazione dei Magi” (1504) che si può visitare nell’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi di Città della Pieve. Nel duomo della città natale del grande pittore c’è anche un “Battesimo di Cristo” e una “Madonna in Gloria e Santi” insieme alla “Deposizione dalla Croce” esposta nella bella chiesa di Santa Maria dei Servi.

Martirio di San Sebastiano, Pietro Vannucci detto il Perugino, 1505, chiesa di San Sebastiano, Panicale

Fontignano conserva invece un’altra “Madonna con Bambino”, dipinta nel 1522, appena un anno prima della morte. Panicale offre agli amanti dell’arte un altro suo capolavoro, “Il Martirio di San Sebastiano” (1505) con il martire che riceve le frecce quasi in estasi, con lo sguardo in cerca di Dio benedicente.

Questa è l’Umbria, una terra dove ogni piccola chiesa è lo spicchio sorprendente e segreto di un grande museo diffuso.

A Paciano, Francesco da Castel della Pieve, primo maestro del Perugino, dipinse nel 1452 una grande ed espressiva Crocifissione. Passeggiando tra i piccoli centri abitati si può scoprire anche l’arte di Giovan Battista Caporali (Perugia 1496-1560), allievo di Pietro Vannucci e del Signorelli.

Non solo pittore ma anche architetto. Nel Santuario di Castel Rigone dipinse “L’incoronazione di Maria”. Nella cappella dell’Ospedale di Castiglione del Lago si può scoprire il fascino intatto della sua “Madonna con la rosa”.

La chiesa di San Michele Arcangelo di Panicale conserva “L’Adorazione dei Magi”. E a Paciano, sull’altare maggiore del tempio dedicato al Santissimo Salvatore, compare  l’affresco “Il Salvatore tra San Pietro e San Giovanni Battista”.

Ma nei primi anni del Cinquecento le rive del Trasimeno ispirarono anche il giovane Raffaello Sanzio, il “divin pittore” di Urbino. La conferma arriva se si osserva con cura il paesaggio di acque e di terre colto dall’alto del castello di Passignano che fa da sfondo alla “Madonna del Prato”, dipinta intorno al 1505 e ora esposta al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Un altro disegno di Raffaello, con uno scorcio del “laco de Peroscia” che appare tra le colline, fu utilizzato da Domenico Alfani, in una pala dedicata alla “Sacra Famiglia” che gli fu richiesta per l’altare maggiore della chiesa perugina di San Simone al Carmine e che il pittore vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento realizzò in collaborazione con Pompeo di Anselmo. Lo specchio azzurro del Trasimeno circondato dai monti appare anche in altre due sue opere realizzate nel santuario della Madonna dei Miracoli di Castel Rigone, una “Visitazione” e un altro affresco sulla navata.

Una veduta singolare del castello di Paciano si può invece ancora ammirare in una tavola della Galleria Nazionale dell’Umbria: sulla cornice spicca la prestigiosa firma di Luca Signorelli. Forse più che del grande pittore di Cortona, fu però opera della sua bottega. Colpisce il realismo della rappresentazione. Non è più un Trasimeno idealizzato: le barche e le colline fanno da sfondo ai pescatori che nel giorno della festa, liberi dal lavoro, festeggiano al suono di una cornamusa.

Intorno al Trasimeno si specchia anche gran parte della produzione artistica di Niccolò Circignani detto il Pomarancio, vissuto nella seconda metà del Cinquecento: dipinse affreschi mitologici nelle vaste sale del Palazzo Ducale della Corgna a Castiglion del Lago e lasciò opere in quasi tutte le chiese di Città della Pieve. C’è la sua traccia d’artista anche nel vicino santuario di Mongiovino insieme a quelle di Arrigo Van den Broeck, Johannes Wraghe e Giovan Battista Lombardelli.

ARTE MODERNA A CIELO APERTO Un altro lago, mistico e futurista, è evocato nell’ossessione paesaggistica dell’aeropittura di Gerardo Dottori. Quando era già un maestro riconosciuto, l’artista perugino provò a spiegare questo amore, nato negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza:

«Fui così preso da questa visione splendida che non l’ho più dimenticata, e nella maggioranza dei miei quadri è entrato come protagonista o come elemento secondario ma sempre presente, il mio bel Trasimeno».

Trasimeno come centro di ogni sogno e ogni ricordo, ombelico di ogni ispirazione: la passione di Gerardo Dottori si ritrova ancora nel ciclo di affreschi nella sala del consiglio nel palazzo comunale di Magione, davanti alla famosa tavola raffigurante l’incontro tra Fra’ Giovanni da Pian di Carpine e il Gran Khan dei Mongoli.

Gerardo Dottori, La conversione della Maddalena, Chiesa di Santa Maria Maddalena, Tuoro

E in altre opere mirabili degli anni Quaranta del Novecento: nella chiesa di San Cristoforo a Monte Sperello, con il dipinto dedicato al santo; dentro Santa Maria Annunziata a Montecolognola, con la cappella di Santa Lucia interamente affrescata. E nei dipinti a tema religioso nella chiesa magionese di San Giovanni Battista.

Fino all’imponente affresco di 84 mq realizzato a Tuoro, sulla superficie del catino absidale della Chiesa di Santa Maria Maddalena. Lo stesso Dottori considerò “La conversione della Maddalena” come il suo capolavoro: la scena della peccatrice redenta è collocata su un grande terrazzo da cui si domina il lago sottostante.

Campo del Sole, Punta Navaccia di Tuoro

Il percorso d’arte continua a Punta Navaccia di Tuoro in un museo particolare, nato all’aria aperta: Campo del Sole. In un’area destinata a “verde pubblico attrezzato”, proprio dove si aspettano i traghetti per le isole del lago, 28 artisti, di generazioni e paesi diversi,  hanno esposto le loro opere: grandi colonne, in pietra serena, alte circa 4,5 metri per un diametro che varia tra i 70 e gli 80 cm, realizzate intorno a un monumento in arenaria scolpito da Pietro Cascella. Il cammino, a spirale, ricorda il “circolo di pietra” del sito neolitico inglese di Stonehenge. Così, nella quiete del lago, si passeggia in un luogo della memoria, tra alte colonne di “ricordo e meditazione”.

IL MITO DEGLI AMORI PERDUTI Il nome di Agello affonda nel mito. E richiama ad una leggenda: quella di Agilla, ninfa del lago e quindi, secondo la mitologia, creatura piena di grazia, a metà tra gli dei e gli uomini. Agilla quasi impazzì d’amore quando vide il principe Trasimeno, figlio prediletto del re etrusco Tirreno. Il suo canto suadente ammaliò il giovane. E Tirreno, seppur contrario alle nozze, fu costretto a concedere il suo assenso.

Agilla e Trasimeno si sposarono. Ma la loro felicità durò soltanto lo spazio di un giorno: Trasimeno, ebbro di gioia, si tuffò nel lago che ora porta il suo nome ma non riemerse mai più. La ninfa, disperata e straziata dal  dolore, continuò a cercarlo, senza sosta, finché, esausta, finì piangente i suoi giorni. Così, quando nelle sere d’estate, la brezza increspa le acque del lago e muove le foglie degli alberi, sembra che sulle rive del Trasimeno si oda ancora un lamento: è il canto di Agilla che cerca, invano, il suo principe.

L’Isola Maggiore, foto aerea di Paolo Ficola

Una passione oltre la morte fu quella che nel primo Novecento unì il nobile possidente Guido Pompili, impegnato con tutte le sue forze contro chi voleva prosciugare il lago e sua moglie, la poetessa di origine armena Vittoria Aganoor, una donna dal fascino magnetico con amicizie nei circoli intellettuali di tutta Europa.

Vittoria morì, stroncata da un male incurabile. E Guido, sopraffatto dal dolore, si uccise il giorno stesso della scomparsa dell’amatissima moglie. Di Vittoria rimangono appassionate lettere e poesie delicate. In suo onore, dal 1998 il Comune di Magione organizza il Festival delle Corrispondenze, dedicato agli scambi epistolari di uomini e donne che hanno fatto la storia.

Federico Fioravanti